Le mani di Zorobabele hanno fondato questa casa: le sue mani la compiranno e voi saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi. Chi oserà disprezzare il giorno di così modesti inizi? Si gioirà vedendo il filo a piombo in mano a Zorobabele
Libro di Zaccaria
Zorobabele, in lingua accadica, significa germoglio di Babilonia o chi è nato a Babilonia. Questo principe ebreo di dinastia davidica era nato a Babilonia, figlio di Sealtiel, nipote di Joiachin penultimo re di Giuda, sostituito sul trono dall’ invasore babilonese Nabucodonosor e deportato a Babilonia con i nobili e l’alto clero, rei di essersi alleati con gli Egiziani.
Nel 538 a.C., Ciro il Grande, re dei Persiani, occupò Babilonia e una volta salito al trono, emanò un Editto con il quale permetteva a tutti gli stranieri deportati da Nabucodonosor, di tornare nei territori di origine. Anche gli Ebrei, dopo cinquant’ anni d’esilio, pensarono di usufruire di queste disposizioni per tornare a Gerusalemme e ricostruire il Tempio distrutto dai Babilonesi. Tuttavia per i nobili e il clero, promotori di questa idea, non fu semplice convincere il resto degli esiliati ad intraprendere il viaggio.
Ciro conferì a Zorobabele l’incarico di presiedere alla ricostruzione del Tempio e gli affiancò il Sommo Sacerdote Giosuè, consegnandoli anche il tesoro che era stato trafugato da Nabucodonosor.
Nel 520 a.C., a Babilonia, s’insediò sul trono dell’Impero persiano Dario I, il quale, preparandosi alla conquista dell’Egitto, ritenne decisamente utile, per i suoi piani militari, chiarire la situazione del Regno di Giuda creando una colonia di sudditi leali e riconoscenti. Zorobabele era molto amico di Dario, sia perché era nato a Babilonia e sia perché era cresciuto a corte; sebbene fosse esule ebreo, era pur sempre un principe di sangue reale, educato insieme a lui e quindi fidato e fedele.
Zorobabele, come già accennato, è sostenuto nella sua missione dal Sommo Sacerdote Giosuè, discendente da Sadoc, il sacerdote di re Salomone, il quale a sua volta era stato ricondotto ad Aronne e presentato come beneficiario di un patto di sacerdozio eterno. Il Sommo Sacerdote ha il compito di riorganizzare il culto, e trascorso il periodo previsto dal profeta Geremia per la purificazione – settant’anni – giunse quindi il momento del ritorno del popolo d’Israele nella grazia del Signore. E questo il significato della visione di Zaccaria nella quale vede il Sommo Sacerdote Giosuè di fronte alla corte celeste, spoglio degli abbigliamenti macchiati e ricoperto di veste splendente che simboleggia la purezza restituita al popolo, di cui il Sommo Sacerdote è diventato il rappresentante per eccellenza durante l’esilio.
I profeti Aggeo e Zaccaria ebbero un ruolo molto importante nel riconciliare gli animi. Essi svolgevano una duplice funzione: da una parte stimolavano Zorobabele a non desistere dalla sua missione, quando, esausto per gli estenuanti contrasti tra i reduci e i contadini stanziali, era tentato di rinunciare alla costruzione del Tempio e barattare questa rinuncia con una pace duratura tra le fazioni. Dall’altra, approfittando del loro ascendente sulle due opposte fazioni, ponevano l’accento sul fatto che la rinascita del regno di Giuda, la ricostruzione di Gerusalemme, la riedificazione del Tempio, rappresentavano la volontà di Dio e che si sarebbe comunque attuata e che, ancora una volta il popolo di Giuda sarebbe stato decimato se si fosse opposto.
Aggeo e Zaccaria attribuivano a Zorobabele un ruolo messianico nella successione al trono di Davide, egli pertanto era apostrofato anello da sigillo del patto tra Dio e Davide per la salvezza del popolo d’Israele.
I profeti Aggeo ed Ezechiele esortano il popolo e incalzano Zorobabele perché si metta all’opera senza indugi per edificare il Tempio di Dio. Invece, Zorobabele, arrivato in patria, dubitava sulla possibilità di riedificare il Tempio, sia perché incontrava molte resistenze da parte del clero locale che non era disposto ad accettare il nuovo assetto organizzativo imposto dal Sommo Sacerdote Giosuè, sia perché quotidianamente doveva affrontare scontri armati con i contadini e i popoli confinanti, respinti nell’opera di riedificazione perché ritenuti impuri.
La spada e la cazzuola menzionate nel rituale dell’Arco Reale rievocano queste drammatiche vicende. La spada e la cazzuola – recita il rituale – furono adottati dai Muratori dell’Arco Reale per commemorare il valore di quei degni Muratori che collaborarono alla costruzione del secondo Tempio, e che, con la cazzuola in mano e la spada al fianco erano sempre pronti a difendere la città (Gerusalemme) e il Sacro Tempio dagli attacchi provocatori dei nemici.
Zorobabele porta a termine la riedificazione del Tempio instaurando a Gerusalemme un lungo periodo di pace. Il ruolo del sovrano, però, sarà sempre più limitato, mentre crescerà quello del Sommo Sacerdote.
Tutti i Capitoli dell’Arco Reale sono dedicati alla Gloria di Zorobabele.